venerdì 11 settembre 2015

APPELLO AI SINDACI DEI COMUNI DELLA PROVINCIA DI RIMINI PER LA GESTIONE “IN HOUSE” DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO RISPETTARE IL REFERENDUM, RIPUBBLICIZZARE IL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO

Il 12 e 13 giugno 2011 nella nostra Provincia 153.133 (61,51%) elettori si sono recati alle urne facendo una scelta ben precisa: eliminare la forzata privatizzazione del servizio idrico integrato (art. 23 bis del DL 112/2008) ed eliminare la remunerazione del capitale investito (comma 1 art. 154 D.Lgs 152/2006). 

In provincia di Rimini i SI sono stati 144.722, il 95,6% dei votanti, mentre alle ultime regionali l’affluenza registrata in Provincia di Rimini è stata del 33,45%, ben al di sotto del quorum referendario. Nonostante la volontà sia stata esplicitata con chiarezza e nonostante molti sindaci del territorio, a cominciare dal Sindaco di Rimini, abbiano espresso, a suo tempo, il loro impegno nel processo di ripubblicizzazione del SII, ad oggi non è cambiato nulla e a giorni ci si appresterà a votare la gara europea per l’affidamento. 

In questi mesi si è chiesto di aprire discussioni pubbliche, di coinvolgere la cittadinanza nella scelta, anche semplicemente informandola, a partire da uno studio comparativo tra le tre formule di gestione contenente i piani industriali, ma alle votazioni in consiglio comunale non è stato dato un seguito. Fra meno di una settimana i sindaci, senza alcun mandato politico, frutto della discussione in consiglio comunale, voteranno quello che i cittadini hanno chiesto di NON fare.
Il Vorrei ma non Posso, non è più utilizzabile. 
Non ce lo chiede l’Europa, che nella seduta del Parlamento Europeo dell’8 settembre 2015 ha votato la relazione sul seguito all'iniziativa dei cittadini europei "L'acqua è un diritto" (Right2Water), nella quale si è stabilito di togliere la gestione del servizio idrico integrato dal Trattato Transatlantico sul Commercio e gli Investimenti, non sottoponendolo dunque alla logica di spartizione del mercato fra le Multinazionali mondiali, dal momento che l’accesso all’acqua deve essere garantito a tutti e a tutte. Non ce lo chiede l’Europa visto che non obbliga alla privatizzazione della gestione, ma consente la scelta tre formule di gestione diverse (gara europea, gara a doppio oggetto e gestione “in house”).
Ce lo chiedono le grandi multiutility italiane e i privati che puntano ai profitti sicuri che garantisce un bene a domanda rigida, l'ACQUA, essenziale per le funzioni della vita umana. 
Sono le recenti norme approvate in parlamento (Sblocca Italia, Legge di stabilità e la Legge delega Madia) che forniscono ai comuni il pretesto per procedere con la gara europea e la conseguente privatizzazione della gestione del SII, non a caso già iniziata attraverso la cessione incentivata, da parte dei comuni di gran parte delle azioni delle multiutility in proprio possesso, come previsto nella Legge di stabilità.
In politica ci vuole coraggio, non solo per pretendere risorse finalizzate alle lobby territoriali, ma per attuare una scelta a suo tempo difesa. 
La ripubblicizzazione non sarà la strada più semplice, ma sicuramente la più lungimirante in grado di rimettere nelle mani dei territori la conoscenza del proprio sistema idrico, la decisione delle necessità e degli interventi da attuare, la piena disponibilità della remunerazione del capitale investito che ancora oggi, nonostante il referendum, permane nella costruzione della tariffa con la dicitura “onere finanziario”. In una azienda “in house” il ricavato dalla remunerazione del capitale deve essere completamente investito per la realizzazione di interventi sul servizio idrico integrato. La stessa Romagna Acque ha deciso di rinunciare alla quota di remunerazione del capitale per ridurre la tariffa al cittadino, proprio perché rappresentavano un gettito elevato non spendibile con costanza in interventi pubblici e non utilizzabile come dividendo fra i soci pubblici. 
Ci viene da chiedere come sia possibile che un soggetto pubblico rinunci ad una quota di utile importante, mentre il gestore privato la mantenga? Sicuramente perché quell’utile per il gestore privato e per i suoi soci privati rappresenta la principale fonte di guadagno.
I costi della ripubblicizzazione, dunque, sarebbero interamente ripagati dalla tariffa e genererebbero un surplus da reinvestire negli anni. Noi crediamo che possa esistere una gestione pubblica “buona” non dettata dall’interesse di pochi, solo se gestita in un’ottica partecipata. Non crediamo che il privato sia la formula migliore per contenere i costi, che anzi punta a ridurli per aumentare al massimo il proprio profitto, mantenendo invariato il costo del servizio, se non addirittura aumentandolo. Riteniamo piuttosto grave che siano le Istituzioni a dire che il pubblico ha fallito e che non esiste una “buona” gestione pubblica. Se così fosse vi chiederemmo di lasciare il vostro incarico a qualche manager d’azienda che dunque dovrebbe saper lavorare meglio di voi. Ma noi non crediamo a ciò. 

Pensiamo al contrario che in passato la nostra terra è stata capace di scelte importanti, coraggiose, lungimiranti, di alto valore sociale e democratico.
Con questo appello, firmato da associazioni, forze politiche, cittadini e cittadine, vi chiediamo di confermare questa storia, fatta di scelte solide, concrete e democratiche. È possibile riportare ’acqua alla gestione pubblica difendendo così il bene più prezioso da lasciare ai posteri ma se dovesse scegliere la gara europea, si scriverà e si leggerà solo dittatura dei mercati.

Con questo appello vi chiediamo di rivedere la vostra scelta ed aprire un confronto partecipato che vada verso la definizione di un’azienda in house per la gestione del SII. 

Per fare ciò è necessario richiedere di posticipare la scadenza del 30 settembre, decisa da una legge nazionale, avendo maggior tempo per fare ciò che non è stato fatto in questi 8 mesi!

NON CESTINATE il voto espresso nel referendum del 2011, insieme a questo appello!

SI SCRIVE ACQUA E SI LEGGE DEMOCRAZIA,