2.025.958 di cittadini dell’Emilia Romagna hanno votato al referendum
contro la privatizzazione dell’acqua e per toglierla dal mercato,
contro la remunerazione del capitale in bolletta.
Ora il Management di HERA decide di proseguire la politica delle
fusioni e dei processi che porteranno alla privatizzazione dell’azienda,
a partire dalla fusione di HERA con ACEGAS-APS SPA azienda che gestisce
i servizi pubblici locali a Padova e Trieste e con propaggini in
Bulgaria e in Serbia.
Senza che nessun cittadino dell’Emilia-Romagna lo abbia mai discusso
si procede su una strada contraria alla volontà referendaria dei
cittadini e che toglie dai territori la gestione dei servizi pubblici
locali per consegnarla ad una Mega azienda di dimensione sovraregionale e
addirittura Multinazionale.
I comuni dell’Emilia Romagna che già contavano poco nell’indirizzo
dell’azienda, da domani conteranno meno e se le fusioni, come vuole il
ministro Passera e il Presidente del consiglio Monti, facendo la
Megamultiutility fondendosi con IREN continueranno, non conteranno PIU’
NULLA (già dopo questa fusione la quota dei comuni Emiliano Romagnoli
scenderanno nel Patto di sindacato dei soci pubblici dal 51% al 42%).
Per questo entrerà nella partita anche il fondo FSI (Cassa Depositi e
Prestiti) che diventerà azionista e nominerà 1 componente del CDA
facendo sì, in questo modo, che il governo centrale più le banche
controllino i servizi pubblici locali per portarli verso la
privatizzazione indebolendo ulteriormente gli enti locali su una materia
che dovrebbe essere di loro responsabilità. Più centralismo, meno
decentramento, dopo lo strangolamento finanziario ci si muove verso la
sottrazione del controllo e della gestione degli Enti locali sui servizi
pubblici locali.
Solo per fare un esempio vorremmo sapere quale sarà il potere
contrattuale di un comune quando discuterà con HERA il costo di un
servizio aggiuntivo sui rifiuti. E come farà l’assessore a sapere quale è
il vero costo di un servizio, visto che il comune non lo gestisce più
da anni. Forse i dividendi che percepisce come azionista, se li
rimangerà tutti HERA (e forse sta succedendo così anche oggi).
In compenso le bollette dell’acqua e dei rifiuti continueranno a
schizzare verso l’alto (ad esempio, negli ultimi 6 anni, a fronte di
un’inflazione al 15,5% sono cresciute a bologna del 38%).
Le perdite idriche, non sono calate neanche di 1 punto percentuale da
quando HERA è stata trasformata in SPA quotata in borsa e certo non
caleranno in futuro, con una azienda sempre meno attenta agli
investimenti (in calo dal 2007) ed alla manutenzione.
Le uniche cose che aumentano e che aumenteranno dopo la fusione sono
il colossale debito accumulato da HERA pari a 2.300.000.000 € che
diventerà di circa 2.800.000.000 € .
E’ necessario chiedersi alla fine chi pagherà, secondo noi questo debito sarà il motore della privatizzazione totale.
Inoltre aumentano il numero di dirigenti e Manager strapagati che
oggi costano ad HERA circa 19 milioni di € all’anno, cifra destinata a
crescere dopo la fusione.
Aumenteranno le autobotti di acqua, che dalla pianura salgono in
montagna, sia per la siccità, sia perché non si fa più manutenzione alle
sorgenti ed ai piccoli acquedotti.
Cresce intanto la parte di utile dell’azienda che si intascano i
privati che è ormai arrivato al 50% (azionisti privati + soci terzi),
mentre in azienda rimane solo il 4% dell’utile.
Ci dicono che con i dividendi si garantiscono le entrate dei comuni
per sostenerne i bilanci, ma è un sistema pazzesco quello che prevede
che un cittadino bolognese, ad essere ottimisti, debba pagare almeno 3 €
aggiuntivi nelle bollette per garantire 1 € di dividendo al comune e
gli altri 2€ divisi fra soci privati HERA, banche e mercato finanziario
erogatori di prestiti .
Dicono che fanno questa operazione per poter diventare grandi e
competere sul mercato, ma nella sostanza non esiste mercato, né nella
gestione dell’acqua né nella gestione dei Rifiuti solidi urbani, infatti
la Corte Costituzionale ha abrogato la nuova privatizzazione dei
servizi pubblici locali che Berlusconi ha tentato con la legge approvata
nel settembre scorso e che Monti ha perseguito nei mesi scorsi.
E’ una operazione oscura della quale non solo i cittadini, ma anche i
consiglieri comunali, le giunte e moltissimi sindaci non sanno nulla.
Gli impegni presi 6 mesi fa dai comuni per il patto di sindacato,
diventano carta straccia, ed è per questo che ne dovranno approvare
l’aggiornamento.
Questa fusione la pagheranno i cittadini con le loro bollette,
l’ambiente e la qualità della risorsa, i lavoratori con la caduta
verticale della qualità delle relazioni sindacali (già provate) che si
centralizzeranno ulteriormente, l’ impulso alle iniziative di
esternalizzazione e di appalto, la compressione dei diritti e della
contrattazione e quindi dell’occupazione, del reddito e delle
professionalità legate al territorio e alla finalità pubblica del
servizio, con mobilità territoriali più facili.
Si profila quindi una gigantesca cessione al mercato dei servizi pubblici locali e dell’acqua, contro 27 milioni di Italiani.
I comitati dell’acqua si batteranno in tutti i territori, da Modena a
Rimini, da Ferrara a Bologna, da Padova a Trieste, perche’ i consigli
comunali non decidano tutto questo, perché i cittadini si oppongano alla
fusione e perché insieme si riesca ad impedire una grande cessione di
sovranità dalle istituzioni democratiche e dalle comunità locali, al
mercato.
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